lunedì 31 dicembre 2018

La storia

Diciamoci la verità. Ero proprio strafatto quella mattina di Maggio quando alle 11 circa finito il giornale radio, mi sfilai le cuffie dalla testa, chiamai in fretta e furia una collega per sostituirmi e mi andai a rinchiudere per mesi in un camper senza toccare cibo per settimane. Ero strafatto di tranquillanti presi per poter prendere sonno la notte e di eccitanti assunti durante il giorno per poter stare con gli occhi aperti e più o meno lavorare. Andava avanti così da mesi anche se quasi nessuno se ne era accorto. Noi radiofonici, infatti, sappiamo fingere sempre molto bene. Questione di allenamento. E poi, penso che i veri momenti difficili nella vita di una persona, sono sempre una cosa intima che merita di essere vissuta come il soldato della “Guerra di Piero” di De Andrè in solitudine. Seguirono mesi chiuso in un camper senza voler vedere nessuno. A parte la mia amica e collega Patrizia che probabilmente con i suoi due cappuccini al giorno e un amore che forse neppure una sorella mi avrebbe saputo dare, ha impedito che quel non voler più vivere così, diventasse qualcosa di diverso. Qualcosa di peggio. E’ in quei pochi mesi e probabilmente negli anni che sono seguiti che è nata una persona nuova. Una persona diversa. Una persona che invece lotta , pur pendendo regolarmente tutte le sue battaglie. Lotta per affermare che esserci presuppone degli obblighi , prima di tutto verso noi stessi. Quello di essere rispettati. Da tutti. Da chi dice di amarci ma ancor più da chi non ci ama affatto. Da coloro a cui siamo indifferenti e ci vedono unicamente come un numero. Da quella mattina di quel lontana mese di Maggio del 2006 ho smesso di fare radio. Almeno nel senso come io ho sempre inteso il mezzo. La mia prima volta dietro a un microfono risaliva al Marzo del 1976 . Dal 1981 girando l’Italia . Ero in onda su un marchio nazionale, la mattina in cui suicidai lo speaker che era in me per far nascere l’uomo. Avevo 48 anni, ma tutti non me ne attribuivano più di una trentina al contrario di oggi che i miei quasi 61 li dimostro e me li sento tutti. Cosa è rimasto di trent’anni passati giorno dopo giorno dietro a un microfono ? Pochissimo e al tempo stesso un universo . Sono rimaste come dice in una sua canzone Gabriella Ferri, tante altre voci e tanta gente conosciuta..”tante facce nella memoria” “Tanti racconti carpiti al telefono nelle lunghe dirette mattutine…” Tanti colleghi, di cui molti oggi non ci sono più come “Maurizione” Heynard, o la indimenticabile Grazia Bernini o ancora il maestro di tutti noi Robertino Arnaldi, la più allegra delle persone tristi conosciute in vita mia. Ma soprattutto è rimasta in me una Galassia di canzoni. Ho deciso dunque quotidianamente di ricordarvene alcune. Nella speranza che forse molte di queste siano anche le vostre. Quelle della vostra vita. Diversa eppure così uguale alla mia. Perché la vita di tutti noi una cosa in comune ce l’ha.  Scorre.

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