Oggi mi
piacerebbe ricordare a modo mio un poeta spezzino che di nome faceva Maurizio e
nella vita il postino.
Vorrei
appunto ricordarlo a modo mio, cioè con quel po’ di “irriverenza” che mi
contraddistingue.
Dunque il suo
nome era Maurizio Scalzo e me lo fece conoscere una mia vecchia fiamma.
Si era nel
1977 e nella mia vita c’era Antonella, più grande di me di cinque anni.
Io ne avevo
19 e più o meno come oggi (secondo molti) non capivo un cazzo.
Vivevo asserragliato
in una radio che era R.A.T (Radio Alto Tirreno) tra i miei dischi e l’esigenza
assurda e assoluta di fingermi imprenditore visto che la radio era mia.
Una sera
Antonella mi portò in sala Dante, luogo mai conosciuto sino a quel momento,
dove alcuni artisti locali, tutti a me sconosciuti quanto la sala, si esibivano
in numeri di arte varia.
Lì tra il
pubblico, scarso, allora come oggi in questa città, c’era appunto questo
signore con barba e berrettino di lana scuro che rispondeva al nome di Maurizio
e che Antonella mi presentò come suo amico nonché scrittore.
Visto che,
tra le mie molte ignobiltà, allora ero pure geloso, specie di quelli più
grandi, il mio primo pensiero fu “chi è questo e come mai Antonella gli è tanto
amica”.
Tuttavia
finsi di essere cordiale, nonostante lei che lavorava in radio con me, anzi ne
era una delle colonne, lo stesse persino invitando a venirci a trovare prima
possibile negli studi.
E fu così, non
troppo tempo dopo, che Maurizio si materializzò nella mia vita radiofonica.
Veniva in radio rigorosamente in motorino, nonostante gli studi fossero in collina, dove a
Novembre spesso faceva già un freddo boia, e trascorreva con noi pomeriggi
interi.
Ricordo che
aveva da poco scritto la “Caraneide” e stava lavorando su “Rosso e nero e altri
colori” che sarebbe stato pubblicato poco dopo.
Ogni tanto,
specie la mattina quando insieme al mio amico Maurizio Viaggi conducevamo un
programma aperto alle telefonate degli ascoltatori, io mi
"fingevo colto" e prendendo spunto dal libro che Scalzo mi aveva regalato e che
ancora conservo tra le cose più care, buttavo lì una lettura tratta dalla
Caraneide, tra l’ovazione generale delle nostre ascoltatrici spezzine (che erano tante).
Maurizio
ascoltava, ci telefonava e credo ne fosse felice.
Per me ormai
non era più "l’amico di Antonella" del quale essere geloso, ma un amico comune e
visto la mia giovane età uno dei miei “maestri di vita”.
Di lui
infatti ricordo l’allegria, il suo essere burlone. Quella ironia tipicamente
spezzina, nonostante le sue origini calabresi, che a me servì tantissimo per
affinare un linguaggio radiofonico che, da buon principiante, doveva ancora
trovare delineate le sue forme.
Nel 1981
lasciai Spezia ingaggiato da una importante emittente toscana che, dopo tanto
lavorare gratis, mi pagava finalmente uno stipendio.
Credo che, senza saperlo, mi
portai appresso anche un po’ di Maurizio.
Infatti senza neppure rendermene conto, molte
battute che dicevo, avrebbe potuto dirle lui. Erano le stesse che tante volte
gli avevo sentito dire anni prima, magari commentando il titolo di un disco o
il cognome di qualche cantante.
A Spezia non feci radio mai più, se non in una rara parentesi, intorno alla metà degli anni novanta, grazie a una pausa contrattuale, che mi condusse per pochi indimenticabili mesi, dietro ai microfoni di Radio Studio 3 del mio amico Biagioni.
A Spezia non feci radio mai più, se non in una rara parentesi, intorno alla metà degli anni novanta, grazie a una pausa contrattuale, che mi condusse per pochi indimenticabili mesi, dietro ai microfoni di Radio Studio 3 del mio amico Biagioni.
Seppi dei
problemi di salute di Maurizio un pomeriggio che lo incontrai casualmente al Bar
Roma.
Venne su con me alla radio, che era proprio lì da quelle parti.
Era rimasto
lo stesso di quasi vent’anni prima.
Ma non
scherzava più sui titoli delle canzoni o le facce buffe dei cantanti.
Aveva in
borsa uno dei suoi libri, come sua abitudine e me ne fece dono.
Era “L'ultimo canto di Orfeo” pubblicato qualche
anno prima.
Quando lo
lessi, capii cose di Maurizio che mai avrei immaginato.
Capii davvero
che persona avevo conosciuto e avevo avuto il privilegio di frequentare.
Maurizio se
ne è andato in una Primavera degli anni 2000.
Che importa la data ? Direbbe
lui.
"Ogni giorno è
uguale all’altro per chi muore..." e anche per chi gli sopravvive, aggiungo io.
Cercando in rete un qualche suo ricordo mi sono imbattuto in una frase:
“I RE NON MUOIONO
MA SI ADDORMENTANO IN ANGOLI DI CIELO”
MA SI ADDORMENTANO IN ANGOLI DI CIELO”
Ecco
Maurizio in qualche parte del cielo ci sarà un angolo che ti e ci appartiene.
Per il momento eccoti una canzone.
So che ti
piaceva…e la cosa non mi stupisce.